Floriana Donati – Incontri, 2015

La giornalista Floriana Donati ripercorre l’ultima evoluzione della ricerca artistica di Camposeo.

Questo pezzo è stato scritto in occasione della mostra personale Incontri presso la Qu.Bi. Gallery – Palazzo Valmarana, Vicenza (dal 26 settembre al 11 ottobre 2015)

 

Incontri, 2015

Da tempo la pittura di Maurizio Camposeo è in perenne evoluzione, sospinta dal bisogno autentico di dare forma alla sua percezione del mondo e dunque alla esistenza.
Maurizio sa che è un viaggio senza fine ma è proprio questa tensione che gli ha permesso da poco di superare l’iniziale attrazione per una pittura innamorata del surrealismo alla Magritte e della dimensione visionaria e onirica alla Dalì, o della spazialità metafisica alla De Chirico, che popolavano il suo immaginario fatto di silenziosi panorami fantascientifici senza  tempo, dove viaggiare con la mente in cerca di una indefinita libertà.

Ha affidato al soggetto ricorrente della nuvola – chiara, gonfia, soffice, leggera, misteriosa – il compito di rappresentare la possibilità di un viaggio negli spazi senza limiti oltre il rettangolo geometrico (il controllo esercitato dalla ragione) di pareti che talvolta lasciano trasparire ciò che sta oltre, dietro, e per questo sono associate al senso dell’impedimento.
In certi quadri i due elementi – la nuvola e la paretevanno in scena, come sul palcoscenico di un teatro, ora troneggiando a turno, ora cercando fantasiose vie di fuga tra le quinte, o aggirando l’ostacolo in questione, o lasciandosi attraversare o gareggiare tra loro, o cercando di fondersi… Ma preferibilmente a contatto con la terra, compresa la vetta di una montagna, per quanto  surreale.

Ora quella pittura vorrebbe spiccare un volo, rischioso ed emozionante come tutti i voli, in cerca di luoghi della mente dove il colore e la forma si fanno di una materia sempre più rarefatta come l’aria ad alta quota, e lasciano a terra la zavorra di una seppur minima descrizione naturalistica.

Dal cromatismo denso e terragno dei primi lavori ora non ci sono barriere a ostacolare il volo  verso cieli che si rischiarano in un azzurro terso, disteso, più astratto di un cielo visto dal finestrino dell’aereo, meno simbolico di un cielo angelico. Forse un po’ cedevole al decorativismo per quella cura nel rendere le sfumature in dissolvenza di azzurro, grigio e bianco che però confermano Camposeo esperto e sensibile nell’uso del colore.
È questa la libertà che la sua pittura va cercando?
Spazi ampi senza ostacoli, luce serena, nessun confine eccetto quello della tela su cui dipinge?

Ma il salto non è in realtà così brusco.
Prima di questo  bagno di azzurro c’è un interessante passaggio precedente in cui Maurizio copre a metà con una fascia netta di colore bianco alcune tele della prima maniera ma in modo da lasciar trasparire quel che c’è sotto, quasi per la paura di perderlo del tutto. Gesto deciso, ma non senza ritorno, nel tentativo di cercare l’essenza dell’immagine togliendo il superfluo.

In questo esperimento sta la risposta.
Per cercare l’essenziale ci è voluta un’altra parete – la fascia bianca in questione – che copre il superfluo e sembrerebbe negarlo.
In realtà dichiara che non c’è libertà senza il limite, e dunque le pareti non sono degli ostacoli ma dei punti di riferimento, delle coordinate necessarie per dare alle cose la giusta dimensione e proporzione.

E quando, in uno dei lavori più recenti, la sua nuvola penetra nella azzurra superficie del cielo in cerca di infinito, dietro trova un’altra superficie di cielo, e un’altra ancora, lasciando intendere un rincorrersi di piani senza fine che spaventa e rassicura insieme il nostro pensiero.

Ma Maurizio ci ha abituati a sempre nuovi sviluppi e di certo quest’ultima tappa della sua ricerca pittorica è per lui un altro nuovo inizio.

 


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